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B. Caratteristiche comuni
Nella presente pagina sono elencati alcuni degli
assunti di base più generali rintracciabili nelle diverse pratiche
filosofiche in uso. L'elenco è provvisorio e, per certi versi, forse
arbitrario. Di grande rilevanza sono domande del tipo: ‘Su quale
livello di astrazione è opportuno soffermarsi?’, ‘Quali
caratteristiche includere e quali escludere?’, ‘Quali elementi
richiedono maggiore attenzione?’, ‘L'elenco coinvolge davvero
tutte le pratiche filosofiche, oppure qualcuna ne resta esclusa?’,
ecc. Allo stato attuale, è difficile rispondere a tali questioni.
In via presuntiva si suppone che, da qualunque punto di vista si
parta, la riflessione sulle caratteristiche più generali delle
pratiche filosofiche conduca comunque a soffermarsi sugli argomenti e i
diversi nodi concettuali qui descritti. Che siano indicati ed espressi
in un modo o nell'altro, che ciascuno di essi possa essere
ulteriormente scomposto in sotto-argomenti – ancora di natura
generale –, o che, all'opposto, due o più di loro possano essere integrati in un
unico sopraordinato semantico, non ha quindi importanza. È certamente
significativo il fatto che se ne tratti, ma non il modo in cui la
consegna venga eseguita. Nel
menù a sinistra, sotto la barra di scorrimento, si trova un link all'articolo da cui sono tratti gli
approfondimenti inseriti nei punti del presente elenco:
A. Volpone, Pratiche filosofiche, forme di razionalità, modi del filosofare
contemporaneo, «Kykéion», 8, 2000, pp. 17-36: 25-35.
B1. La filosofia come visione-del-mondo e l'individuo come inizio e fine del
filosofare
Elemento comune delle varie pratiche filosofiche attuali, pur sotto la diversità delle prospettive specifiche, è innanzitutto la pratica socio-culturale della filosofia, pubblica e con valenza ‘politica’, in senso ampio. La riflessione filosofica ha uno scopo più edificante che dimostrativo, maggiormente orientato alla cura intellettuale dell'umanità che allo sviluppo del sapere o al progresso di
conoscenze.
[Approfondimento
B1]
B2.
Filosofia come modus vivendi ed esercizio intellettuale
pubblico
Il filosofare delle pratiche filosofiche
va inteso come modo-di-essere nel mondo, che viene alimentato e rinnovato mediante l'esercizio intellettuale
pubblico, di natura collegiale: attività e non dottrina, prassi comunitaria al di là della ristretta esperienza di settore
(produzione-riproduzione disciplinare). Non è detto, ovviamente, che
ogni discussione pubblica, che si incammini sui sentieri della
filosofia, riesca a raggiungere un soddisfacente livello di ‘filosoficità’.
[Approfondimento
B2]
B3. La sfida dell'esistenza concreta come incipit del
filosofare
Nella storia della filosofia possono essere rintracciate
questioni generali definibili
‘di competenza’ della disciplina (ad es., questioni metafisiche, etiche, estetiche,
logiche, ecc.), ma, probabilmente a causa della fondamentale e costante storicità dell'accadere umano e dell'argomentare filosofico, risulta pressoché impossibile determinare
a priori contenuti specifici che possano essere elevati eternamente a oggetto di riflessione.
In linea di principio, qualunque spunto di riflessione può andar
bene.
[Approfondimento
B3]
B4. La comunità di ricerca filosofica e la dimensione del
con-filosofare
La filosofia come attività non dottrinale è un'esperienza attiva e coinvolgente,
che nelle pratiche filosofiche si svolge in una dimensione esclusivamente comunitaria.
La dimensione dell'interlocutore è essenziale, poiché impedisce al dialogo di essere un'esposizione teorica e
dogmatica. Importante è l'aspetto della co-costruzione di sapere e
quello della condivisione di conoscenza, entrambi costitutivi del
concetto di ‘comunità di ricerca’. La ricerca è del tutto aperta
e va dove la porta il ragionamento, fatto a più voci. Il procedimento
è auto-correttivo (rispetto ai contenuti) e auto-regolativo
(rispetto alle regole della comunità).
[Approfondimento
B4]
B5. Filosofia come pratica ermeneutico-argomentativa e pariteticità dei
partecipanti
Il con-filosofare è basato sullo scambio
comunicativo, l'interpretazione, la critica, la riflessione, la giustificazione, ecc., e
si configura come vera e propria pratica ermeneutico-argomentativa. Attività come interrogare, indagare,
obiettare, chiedere spiegazioni,
motivazioni, ecc., in questo caso, riguardano l'intera comunità e, al
suo interno, ciascuno ha il diritto-dovere di fornire le proprie ragioni, piuttosto che la parola dell'autorità.
Questo annulla la distinzione tra produttore e fruitore, nella prassi
filosofica, e tende ad abbattere dualismi del tipo
sapiente-insipiente, esperto-inesperto, docente-discente, ecc.
[Approfondimento
B5]
B6. La comunità di pratica come fucina di sapere
Una situazione di presunta inconcludenza non
inficia il risultato di una sessione pratica filosofica. In realtà un prodotto c'è sempre, ma il raggiungimento della conclusione,
condivisa dalla comunità, può non essere importante. Spesso per muovere un passo in
avanti, occorre farne qualcuno in più all'indietro, soprattutto se il
domandare è radicale. Anziché risposte esaustive, quindi, conviene attendersi la modificazione di atteggiamenti, cambiamenti intellettuali o una qualche sensazione di migliore comprensione.
Anche e soprattutto di questo tipo di ‘sapere’ è fucina una
comunità di pratica.
[Approfondimento
B6]
B7. Altro...
Ovviamente, l'elenco in questione potrebbe
continuare. Altre caratteristiche comuni sono riscontrabili fra le
diverse pratiche filosofiche, magari anche molto importanti. Ad
esempio, ‘La co-costruzione
di conoscenza’ (discussa in parte già nei punti B4 e B5)
appartiene un po' a tutte: non vi sono
‘risultati’ calati dall'alto in una sessione
pratico-filosofica, poiché la comunità di ricerca ha prerogative auto-correttive (rispetto a temi, questioni, metodi, contenuti, ecc.) e auto-regolative (rispetto a relazioni intersoggettive, dinamiche di gruppo, scambi comunicativi,
ecc.); oppure ‘Il passaggio dall'oralità
alla scrittura’, aspetto da non sottovalutare
(soprattutto in ambito educativo-formativo): la ‘scrittura’
(prosastica, per punti elenco, come agenda o promemoria, per mappe
concettuali, sotto forma di schemi, ecc.) solitamente adoperata nelle
sessioni della maggior parte delle pratiche filosofiche lascia traccia
del lavoro svolto, ma, ovviamente, non concerne la "riproduzione
disciplinare" (manualistica, testi, commentari, ecc.); la
verbalizzazione o, più in generale, l'oggettivazione simbolica dei
percorsi del dialogo hanno un valore positivo in sé - in fatto di
chiarificazione, razionalizzazione, resa di coerenza, ecc. – e, se
non altro, stimolano o consolidano il passaggio dall'oralità alla
scrittura nell'ambito del pensiero complesso.
Altre caratteristiche sarebbero da sottolineare. L'intento della presente pagina,
tuttavia, è quello di fornire indicazioni e non di esautorare l'argomento in oggetto.
Nei prossimi aggiornamenti, eventualmente, l'elenco qui contenuto
potrà essere esteso, cercando di approfondire ulteriori aspetti.
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