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visione del mondo modus vivendi concretezza con-filosofare argomentazione esercizio

B3. La sfida dell'esistenza concreta come incipit del filosofare

Alla fine del punto precedente si tocca in realtà una questione molto antica, probabilmente priva di soluzione, ma che qui verrà brevemente ripresa in senso strumentale. Si tratta della questione dell’origine del filosofare, e va chiarito che la riflessione concerne istanze fondamentali umane, costanti di base, non eventi di natura storica e contingente che ne possano aver segnato l’inizio, da qualche parte nel tempo. Come ben noto, Aristotele riteneva che curiosità, stupore e meraviglia ne fossero la molla. E così l’approccio razionale a questioni fondamentali umane sembrava ben coniugarsi con il disinteresse e un atteggiamento di tipo contemplativo. Ciò può anche andar bene, ma cosa dire se l’esistenza dell’uomo diventa invece, secondo le parole di Pascal, inconstance et inquiétude? Il filosofare in questo caso potrebbe divenire necessario, e così pure il suo uso pratico.[1] Capovolgendo il punto di vista aristotelico, Giuseppe Semerari ha posto a suo tempo alla base della condizione umana il concetto di insecuritas,[2] come componente non accidentale, avventizia, ma strutturale e permanente della nostra esistenza.
«L’insecuritas esistenziale – egli ha scritto – è per l’uomo essenziale».[3] E ancora: «La essenzialità della insecuritas deriva, in primo luogo, dal fatto che l’uomo non possiede in sé, per natura, i beni necessari per la riproduzione, la conservazione e l’eventuale miglioramento della sua esistenza. Se li procura, costruendoli o ricevendoli con lo scambio, ma sempre e unicamente attraverso un sistema più o meno regolare e organico di rapporti con la Natura e con gli Altri».[4] E proprio ciò per cui solamente l’uomo può esistere, cioè il ‘Corpo’ (esposto agli assalti di malattie, ai morsi dell’indigenza, al disfacimento finale, ecc.), la ‘Natura’ (col pericolo di terremoti, uragani, altri sconvolgimenti, la fine di risorse utili, ecc.) e gli ‘Altri’ (con interessi opposti, obiettivi diversi che spesso confliggono, aggressioni, domini, oppressioni, ecc.), rappresentano appunto la radice ineliminabile della insecuritas. A tutto ciò l’uomo risponde mediante l’invenzione e l’esercizio di quelle che Semerari denomina le ‘tecniche di rassicuramento’, la cui organizzazione e integrazione, più o meno sistematica e razionale, viene detta ‘civiltà’. La ‘Scienza’ e la ‘Politica’[5] sono tecniche di rassicuramento, così come pure la ‘Religione’.[6] Anche la ‘Filosofia’ rientra fra di esse, e le sue caratteristiche modalità di fronteggiare il problema della insecuritas rappresentano ovviamente «la specificità di come si risponde a tale problema quando si fa filosofia».[7] Semerari ritiene che le modalità siano almeno tre. La prima è quella della ‘Filosofia’ come progetto di sistemi metafisici (completi o incompleti, forti o deboli che siano); la seconda è la ‘Filosofia’ come riflessione e legittimazione di altre tecniche di rassicuramento (filosofia della scienza, filosofia della politica, ecc.); la terza consiste nella ‘Filosofia’ come critica e distruzione di false credenze o certezze (generalmente in vista di sicurezze più affidabili).[8] Naturalmente, come per ogni altra tecnica di rassicuramento, anche per la ‘Filosofia’ non esistono garanzie di successo aprioristicamente assegnate.
Concezioni come quella appena espressa ben si coniugano ad esempio con il profondo bisogno di rassicuramento e validazione nella società attuale, per il singolo o per la collettività, concernente soprattutto la decisione e la responsabilità nei confronti delle nuove questioni morali, sociali, economiche, politiche, ecc. generate dai complessi e veloci meccanismi del mondo contemporaneo. Le pratiche filosofiche possono essere viste anch’esse come tecniche di rassicuramento, fra le tante, provincia aggiunta di quel territorio più esteso di lotta contro la insecuritas chiamato ‘Filosofia’. Quanto al loro oggetto di indagine o alla loro sfera d’azione, vale ciò che da sempre compete, per sua stessa natura, alla filosofia in generale. Nella storia della filosofia possono certo essere rintracciate tematiche e questioni generali definibili di sua propria competenza (ad esempio questioni metafisiche, etiche, estetiche, logiche, epistemologiche, ecc.), ma, probabilmente a causa della fondamentale e costante storicità dell’accadere umano e dell’argomentare filosofico, risulta pressoché impossibile determinare a priori dei contenuti specifici, che possano essere elevati eterna-mente a oggetto di riflessione. Al riguardo il pensiero corre a Popper, che in Conjectures and Refutations osservava lucidamente che «i problemi filosofici genuini sono sempre radicati in urgenti problemi esterni alla filosofia e scompaiono se tali radici deperiscono».[9]

 

Note

[1] Più volte, nel pensiero moderno e contemporaneo, la filosofia, la concretezza o l’azione sono stati tra di loro in qualche senso e misura coniugati, a partire da diversi punti di vista e in direzioni molteplici, da Bacone e altri teorici della rivoluzione scientifica a Marx, Kierkegaard, Nietzsche, oppure Husserl, Dewey e, in linea di principio, la maggior parte dei pensatori delle correnti filosofiche del Novecento.

[2] Insecuritas vuol dire alla lettera ‘non-senza-cura’, dove il termine ‘cura’ ha in questo caso il significato di preoccupazione, affanno, pensiero angustiante o perturbante, ecc.

[3] G. Semerari, Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Spirali, Milano 1982, p. 7.

[4] Ivi, p. 8. Corsivi dell’autore.

[5] ‘Politica’ è intesa in questo caso in senso ampio, cioè non solo come gestione di governo o amministrazione, ma pure, ad esempio, come ‘Morale’, ‘Diritto’ o qualunque altro settore che miri a relazioni certe e più sicure fra gli uomini.

[6] Semerari definisce razionali le tecniche come la ‘Scienza’ o la ‘Politica’, irrazionali quelle come la ‘Religione’.

[7] Ivi, p. 14. Nella raccolta di saggi considerata, Semerari offre un campione variegato dei molteplici paradigmi di salvezza entro cui si oggettiva la ‘Filosofia’ (Platone, Spinoza, Kant, Marx, Husserl e Heidegger). Commentando Kant e la sua filosofia trascendentale, ad esempio, egli osserva nel caso specifico: «Il problema di Kant concerne la ricerca di […] tecniche di rassicuramento necessarie e utili al fine di contenere, ridurre e, al limite, neutralizzare la insecuritas nei luoghi e nelle modalità in cui essa suole manifestarsi. Le tecniche sono le risposte che Kant dà via via alle tre domande nelle quali egli ritiene concentrato ogni interesse della ragione umana: Che cosa posso sapere? [Critica della ragion pura] Che cosa devo fare? [Critica della ragion pratica] Che cosa posso sperare? [Critica del giudizio]». Ivi, p. 83.

[8] Cfr. ivi, pp. 14-16.

[9] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972 (ed. orig. 1962), p. 126.

 

 

Pratiche filosofiche, Vers. 2.0  © July 2005
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