B3. La sfida dell'esistenza concreta come incipit del filosofareAlla fine del punto precedente si tocca in realtà una questione molto antica, probabilmente priva di soluzione, ma che qui verrà brevemente ripresa in senso strumentale. Si tratta della questione dell’origine del filosofare, e va chiarito che la riflessione concerne istanze fondamentali umane, costanti di base, non eventi di natura storica e contingente che ne possano aver segnato l’inizio, da qualche parte nel tempo. Come ben noto, Aristotele riteneva che curiosità, stupore e meraviglia ne fossero la molla. E così l’approccio razionale a questioni fondamentali umane sembrava ben coniugarsi con il disinteresse e un atteggiamento di tipo contemplativo. Ciò può anche andar bene, ma cosa dire se l’esistenza dell’uomo diventa invece, secondo le parole di Pascal,
inconstance et inquiétude? Il filosofare in questo caso potrebbe divenire necessario, e così pure il suo uso
pratico.[1] Capovolgendo il punto di vista aristotelico, Giuseppe Semerari ha posto a suo tempo alla base della condizione umana il concetto di
insecuritas,[2] come componente non accidentale, avventizia, ma strutturale e permanente della nostra
esistenza.
|
Note [1] Più volte, nel pensiero moderno e contemporaneo, la filosofia, la concretezza o l’azione sono stati tra di loro in qualche senso e misura coniugati, a partire da diversi punti di vista e in direzioni molteplici, da Bacone e altri teorici della rivoluzione scientifica a Marx, Kierkegaard, Nietzsche, oppure Husserl, Dewey e, in linea di principio, la maggior parte dei pensatori delle correnti filosofiche del Novecento. [2] Insecuritas vuol dire alla lettera ‘non-senza-cura’, dove il termine ‘cura’ ha in questo caso il significato di preoccupazione, affanno, pensiero angustiante o perturbante, ecc. [3] G. Semerari, Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Spirali, Milano 1982, p. 7. [4] Ivi, p. 8. Corsivi dell’autore. [5] ‘Politica’ è intesa in questo caso in senso ampio, cioè non solo come gestione di governo o amministrazione, ma pure, ad esempio, come ‘Morale’, ‘Diritto’ o qualunque altro settore che miri a relazioni certe e più sicure fra gli uomini. [6] Semerari definisce razionali le tecniche come la ‘Scienza’ o la ‘Politica’, irrazionali quelle come la ‘Religione’. [7] Ivi, p. 14. Nella raccolta di saggi considerata, Semerari offre un campione variegato dei molteplici paradigmi di salvezza entro cui si oggettiva la ‘Filosofia’ (Platone, Spinoza, Kant, Marx, Husserl e Heidegger). Commentando Kant e la sua filosofia trascendentale, ad esempio, egli osserva nel caso specifico: «Il problema di Kant concerne la ricerca di […] tecniche di rassicuramento necessarie e utili al fine di contenere, ridurre e, al limite, neutralizzare la insecuritas nei luoghi e nelle modalità in cui essa suole manifestarsi. Le tecniche sono le risposte che Kant dà via via alle tre domande nelle quali egli ritiene concentrato ogni interesse della ragione umana: Che cosa posso sapere? [Critica della ragion pura] Che cosa devo fare? [Critica della ragion pratica] Che cosa posso sperare? [Critica del giudizio]». Ivi, p. 83. [8] Cfr. ivi, pp. 14-16. [9] K. R. Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972 (ed. orig. 1962), p. 126.
|
Pratiche filosofiche,
Vers. 2.0 © July
2005 |