B4. La comunità di ricerca filosofica e la dimensione del con-filosofareLa filosofia come attività non dottrinale è innanzitutto un’esperienza attiva e coinvolgente, che, proprio come
nell’agorà della polis greca o nel forum dei latini, nelle pratiche filosofiche si svolge in una dimensione esclusivamente comunitaria. La più piccola comunità è quella duale della consulenza filosofica
vis-à-vis.[1] Ad essa, in quanto rappresenta un caso particolarmente delicato e controverso rispetto alla totalità delle altre situazioni possibili, verrà qui dedicata scarsa attenzione. Resta fermo tuttavia che, secondo il punto di vista meta-teorico del presente lavoro, molte delle cose che verranno dette di seguito ben si coniugano con le sue istanze. Il concetto di comunità filosofica di gran lunga meglio definito e articolato, fra le diverse pratiche, è quello di
‘comunità di ricerca’ nella Philosophy for children, su cui molto si è già detto e che qui si assume come modello paradigmatico, generalizzabile, considerandone però gli aspetti soprattutto filosofici, per trascurarne quelli, altrettanto importanti, più squisitamente psico-pedagogici.[2] La concezione in questione, su cui hanno lavorato, seguendo prospettive molteplici d’analisi e di sviluppo, Matthew Lipman e collaboratori, può essere rintracciata diffusamente nel pragmatismo americano e fatta risalire fino a Charles Peirce, secondo il quale la ricerca consisteva nello sforzo che va dal dubbio alla credenza certa (true belief) e rappresenta ciò che forgia le nostre meglio riuscite attitudini
all’azione.[3] Per un principio di tenacia e di naturale inclinazione a conservare le vecchie convinzioni, mediante ipotesi
ad hoc o altro, Peirce riteneva di fondamentale importanza la dimensione sociale della ricerca (come nel caso della scienza), in grado di stimolare il pensiero critico e riflessivo. In maniera analoga Dewey sviluppava la sua idea di
‘pensiero scientifico’ (scientific thought), come attività che parte dal dubitare, in quanto indagine che problematizza l’esperienza. «L’attitudine scientifica
– egli scriveva – può quasi essere definita come ciò che trova divertimento nel dubbio. Il metodo scientifico è, per un aspetto, una tecnica che consente un uso produttivo del dubbio convertendolo in operazioni di ricerca definita».[4] La critica e la costante problematizzazione di una ricerca concepita come attività essenzialmente sociale assumevano in Dewey un valore pure civile, nel senso della libertà, della tolleranza e della democrazia. Anche in Lipman ritroviamo tutte le diverse componenti menzionate, con in più l’aspetto della
co-costruzione di sapere e della condivisione di conoscenza. Ciò corrisponde a una concezione costruzionista della mente umana, considerata anch’essa come fenomeno eminentemente sociale, e il riferimento in questo caso porta a Mead. Per Mead, appunto, il soggetto
(self) viene concepito come risultato dello sviluppo della mente nel contesto di una comunità reale. L’individuo interiorizza
‘l’altro generalizzato’, cioè il complesso sistema di atteggiamenti degli altri verso di lui e di sé nei confronti degli altri, mediante il suo processo di crescita (continua) che lo mette senz’altro in comunicazione con la realtà sociale cui
appartiene.[5] Il soggetto è socialmente ‘formato’, ma non
‘determinato’, e ogni società risulta quindi costituita da questo costante e complesso dialogare degli esseri umani. Di qui l’importanza della ricerca che procede e si sviluppa in situazioni contestuali di tipo sociale. «Fu Mead
– sottolinea Lipman – a cogliere per primo le implicazioni educative profonde che risultano dalla fusione delle due nozioni potenti e indipendenti di
comunità e di ricerca, trasformandole nel singolo concetto di comunità di ricerca».[6]
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Note [1] Si ricorda che sono tuttavia possibili anche consulenze di gruppo, della medesima natura professionale. [2] Data la duplice natura sia filosofica che pedagogica del curricolo della P4C, vale la pena di sottolineare che nella nozione di ‘comunità di ricerca’ confluiscono sia interpretazioni filo-sofiche del pensiero, dell’argomentazione e della conoscenza e sia teorie psico-pedagogiche con-cernenti l’apprendimento, lo sviluppo cognitivo e morale. [3] C. S. Peirce, The Fixation of Belief (1877), in J. Buchler (ed.), Philosophical writings of Peirce, Dover, New York 1955. La teoria è stata poi estesa in: id., How to Make Our Ideas Clear (1878), in ivi. [4] J. Dewey, La ricerca della certezza: studio del rapporto tra conoscenza e azione (1929), La Nuova Italia, Firenze 1968, p. 228. [5] In italiano cfr. ad esempio: G. H. Mead, Mente, Sé e Società, Giunti-Barbèra, Firenze 1966. [6] M. C. Lipman, Thinking in education, Cambridge University Press, Cambridge (Mass.) 1991, p. 18. [In corso di traduzione.] [7] P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, cit., p. 47. [8] J. Dewey, Logica, teoria dell’indagine (1938), Einaudi, Torino 1965, p. 68. [9] Questo aspetto è alquanto scontato nelle diverse pratiche filosofiche. A titolo esemplificativo, cfr.: M. C. Lipman, Thinking in education, cit; id., Pratica filosofica e riforma dell’educazione, in «Bollettino SFI», 135 (1988); ora in A. Cosentino (a cura di), Filosofia e formazione. 10 anni di P4C in Italia (1991-2001), cit. A proposito di Socratic dialogue: J. Kessels, Korte karakteristiek van het Sokratisch gesprek volgens Nelson en Heckmann, in «Filosofische Praktijk, Vereniging voor Filosofische Praktijk», Amsterdam 1987, pp. 5-13. [10] A. Cosentino, Socrate come inizio perduto della filosofia, in «Bollettino CRIF», nn. 16-17-18 (2000), p. 5; ora in: id. (a cura di), Filosofia e formazione. 10 anni di P4C in Italia (1991-2001), cit. [11] J. Buchler, What is a discussion?, in «Journal of General Education», 7, 1 (1954), pp. 7-17: 10. [12] Cfr. M. C. Lipman, Some thoughts on the foundation of reflective thinking, in J. Baron, R. Sternberg (eds.), Teaching thinking skills: theory and practice, Freeman & CO., New York 1987 oppure: id., Thinking in education, cit. [13] La comunità, infatti, può essere vista nella sua globalità come un ‘unico strumento’ in grado di sviluppare analisi e discussioni, con la funzione precipua della ricerca distribuita e del con-filosofare. La sua compagine è ovviamente costituita di singoli elementi, caratterizzata, resa peculiare e unica da essi, ma la sua evoluzione e le prestazioni possono essere considerate (e valutate) a livello complessivo, sistemico; è in questo senso che si parla ad esempio di ‘maturazione della comunità’, o di ‘comunità di stadio avanzato’. [14] M. C. Lipman, Philosophy for children e pensiero critico, in «Bollettino CRIF», nn. 2-3 (1995); ora in A. Cosentino (a cura di), Filosofia e formazione. 10 anni di P4C in Italia (1991-2001), cit.
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Pratiche filosofiche,
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2005 |