Striano M

Striano M., Pensare insieme in philosophy for children: alcune riflessioni

La Philosophy for children significa, essenzialmente, "pensare insieme". In una prospettiva sociocognitiva, è possibile assumere che si pensi sempre insieme, anche quando ci sembra di stare intraprendendo un percorso di riflessione individuale e privato. Quando pensiamo, infatti, non facciamo che ripercorrere e ripetere un processo dialogico che abbiamo avuto modo di sperimentare nel confronto con gli altri e poi interiorizzato. La possibilità del pensiero si radica, insieme nella condivisione di una medesima esperienza da parte di soggetti diversi e nella necessità di dare senso a questa esperienza, di poterla dire e pensare (Mead, 1966; Vygotskji, 1972, 1978;   Bruner, 1988, 1992).

D’altronde è a questo proposito utile ricordare come, per dirla con Dewey, ogni esperienza umana sia sostanzialmente sociale, implicando contatto e comunicazione (Dewey, 1938).

Anche su un piano teorico di matrice psicodinamica l’origine del pensiero viene individuata nella possibilità/necessità di un incontro della mente dell’adulto con quella del bambino; quest’incontro consente l’elaborazione di percezioni, sensazioni, e vissuti che diventano pensieri attraverso la condivisione di una funzione ermeneutico-simbolica progressivamente interiorizzata dal bambino nel suo processo di crescita (Bion, 1990, 1991).

Il pensiero, quindi, si genera in una dimensione necessariamente intersoggettiva che è anche condizione di crescita e sviluppo di funzioni via via più complesse.

Sulla base di tali assunti, Lipman ha ipotizzato la necessità di creare un modello formativo a struttura dialogica e comunitaria. La formazione individuale si realizza, quindi, in una rete di relazioni cognitive ed affettive che vengono interiorizzate e rielaborate dal soggetto. In questa prospettiva il processo di acquisizione della conoscenza si costruisce, su un piano intersoggettivo, attraverso il confronto e lo scambio di pensieri e parole (Pontecorvo, 1993). In tale contesto la processualità del pensare si esprime in differenti percorsi e modalità con cui tutti hanno la possibilità di confrontarsi, ed è dialogo che offre la possibilità di una crescita e di una espansione del pensiero a livelli superiori, integrando diverse dimensioni logiche e differenti prospettive.

Il modello di pensiero che sottende la pratica formativa della Philosophy for children è un modello complesso e dinamico, che integra dimensioni critiche, creative, affettive (Lipman, 1991, 1995).

Il pensiero critico è governato da criteri, tende a formulare giudizi, è autocorrettivo e sensibile al contesto. Esso fa uso sostanzialmente di regole procedurali funzionali all’individuazione ed alla soluzione dei problemi e presenta un’apertura alla ricerca ma anche alla scelta, alla decisionalità, alla responsabilità operativa ricercando criteri, ragioni, giustificazioni, fondamenti in relazione alla specirficità dei contesti di riferimento. In tal modo è possibile operare connessioni e distinzioni, muovendo in direzione ordinatrice. Questa modalità del pensiero, attraverso la formulazione di giudizi, si muove in una dimensione autocritica ed autocorrettiva, e si apre a spazi metacognitivi. Il pensiero creativo, secondo Lipman, è invece sensibile ai criteri, specie di tipo binario, tende a formulare giudizi, è autotrascendente e governato dal contesto. Implica, inoltre, la possibilità di fare simultaneamente riferimento a criteri conflittuali, per andare verso un superamento delle dicotomie e delle opposizioni, attraverso nuove costruzioni ed interpretazioni; è quindi un tipo di pensiero che vuole "trascendersi", cercando di oltrepassare schemi e le matrici precostituite e di non ripetersi. Esso non si serve di regole e di percorsi codificati, ma utilizza, invece, una pluralità di veicoli espressivi che affiancano/sostituiscono il codice linguistico, veicolo preferenziale per la dimensione critica del pensiero.

Il pensiero affettivo, infine, consente di "prendersi cura" di cose e persone attraverso un’attribuzione valoriale intrisa di affettività. Attraverso questa modalità di pensiero, che si traduce in azione, è possibile dare senso e valore al mondo e, in tal senso, la dimensione affettiva appare essere costitutiva di ogni razionalità autenticamente dialogica.

In Philosophy for children bambini, adolescenti, adulti si confrontano con l’esperienza attraverso una varietà di dimensioni di pensiero, cercando di volta in volta di individuare regole e criteri, di classificare e categorizzare, di trovare differenze e similitudini ma anche di trovare nuove ipotesi e soluzioni, di interpretare la realtà in modo nuovo, di dare senso al mondo attraverso una intensa partecipazione affettiva ed emozionale. Il mondo viene letto su una pluralità di piani e livelli attraverso il confronto e l’integrazione di una molteplicità di prospettive e punti di vista; in questo senso esso viene descritto, indagato, ma anche interpretato e narrato.

La narrazione, d’altra parte, costituisce un elemento essenziale nella tessitura del curricolo di Philosophy for children ed il richiamo alla dimensione narrativa del pensiero è sempre presente nei piani di discussione, negli esercizi, nelle attività proposte dai manuali che affiancano i racconti.

Il pensiero narrativo ha caratteristiche peculiari che lo differenziano da quello che può essere definito pensiero paradigmatico (Bruner, 1988, 1991, 1992; Feisher Feldman, 1991; Kornell, 1987; Sarbin, 1986; Zukier, 1986). Mentre, infatti, quest’ultimo è sostanzialmente tipico del ragionamento scientifico e può esprimersi in modo acontestuale, il pensiero narrativo è presente nel quotidiano confronto del soggetto con il mondo e con gli altri ed è profondamente sensibile al contesto. Inoltre, il pensiero paradigmatico ha un orientamento verticale, è estensionale e procede ad una validazione di ipotesi attraverso la falsificazione muovendo, in una prospettiva nomotetica, verso la costruzione di leggi genralizzabili. Di contro, il pensiero narrativo ha un orientamento orizzontale, è idiografico e sintagmatico, opera validazioni in termini di coerenza, è intensionale e funzionale alla costruzione di storie come costrutti interpretativi della realtà.

Il confronto con la complessità della realtà esperienziale implica in primo luogo il porsi del soggetto in una prospettiva ermeneutica, che consenta l’attivazione di un processo di individuazione ed attribuzione di significati possibili.

Bruner (1992) ha sottolineato come sia la modalità narrativa del pensiero a permetterci di riflettere sull’esperienza in quanto tale modalità si occupa delle vicissitudini delle intenzioni umane e rende possibile mettere in relazione un evento con le sue origini profonde e le sue possibili conseguenze attraverso i vissuti di chi ne è protagonista, lasciando però sempre aperto uno spazio all’eventualità, alla possibilità, alla definizione ulteriore di una nuova direzionalità. La narrazione, pertanto, innesca ed indirizza una ricerca di significati all’interno di uno spettro di significati possibili; essa è una modalità di "coniugare la realtà al congiuntivo", che consente di riflettere, insieme, in termini di passato, di presente, di futuro.

D’altra parte, il fatto che gli individui facciano le loro esperienze in un contesto intersoggettivo determina la necessità di pensare e di dire queste esperienze, attribuendo loro un significato in relazione ad un mondo e ad una cultura di riferimento. La narrazione, quindi, in quanto ricerca ed attribuzione di significato, acquista senso e valore all’interno di una comunità che condivide linguaggi, significati, cultura. Attraverso la narrazione l’esperienza viene recuperata ed assume significati e connotazioni per noi e per gli altri. Può essere, quindi, messa in relazione con le esperienze precedenti e con quelle future, può essere condivisa, può essere apprezzata o considerata priva di valore.

In tal senso, il lavoro formativo con Philosophy for children permette di confrontarsi con diverse modalità di approccio all’esperienza, ricavandone modelli e leggi generalizzabili ma anche suggestioni interpretative ed attivando processi cognitivi che consentano un confronto riflessivo con cose e persone in una prospettiva autenticamente dialogica, fondata sul processo intersoggettivo di costruzione e condivisione di significati alla radice di ogni cultura umana.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

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