Boracchi C

Boracchi C., La didattica della filosofia per anziani: l"esperienza decennale presso l’Università del "Melo" di Gallarate

Sono sempre più numerose le università popolari o della terza età che annoverano corsi di filosofia all'interno del più ampio programma accademico. Nella maggior parte dei casi la filosofia rientra in progetti multidisciplinari che possono assumere, ad esempio, la configurazione di vasti itinerari umanistici a tema oppure a scansione cronologica - l'analisi di un periodo, di una corrente, di un'epoca attraverso l'apporto sinergico di diverse materie di studio, dalla storia alla letteratura, dall’arte alla musica. In questi casi, l’apporto della disciplina filosofica è limitato a un contributo di tipo storico, in sintonia con un’impostazione di analisi mutuata dalla Kulturgeschichte, e diviene una sorta di "sfondo teoretico" rispetto ai contenuti oggetto di studio.

Meno frequente è invece il tentativo di operare attraverso itinerari storico-teoretici specifici in senso filosofico: tale scelta, infatti, talora presuppone la creazione di un gruppo molto ristretto di studio, di un’utenza selezionata dai necessari prerequisiti di un’alta scolarizzazione o di una professionalità "datata" che stimola una rilettura rinnovata delle proprie competenze. Senza escludere l’efficacia di tale scelta - estremamente qualificante e con esiti di alto livello - va tuttavia rilevato che un'opzione di questo tipo impedisce uno degli obiettivi delle Università popolari per la terza età, ovvero l’apertura del sapere a un pubblico vasto ed eterogeneo, non necessariamente in possesso di bagagli informativi e di conoscenze connesse a percorsi scolastici di livello medio-alto. Inoltre, tali "corsi" tendono a proporre una serie di incontri-conferenza con studiosi e ricercatori che non possono assicurare una continuità di dialogo e di lavoro strutturato su chi intende proseguire attraverso un percorso speculativo guidato.

Pertanto, la scelta di ideare un corso di base di filosofia per un’utenza di studenti "anziani"- e per di più caratterizzata da una grande eterogeneità di età e di substrato culturale - acquista una duplice valenza, sia sul piano culturale sia su quello degli intenti sociali, e si presenta, oltre che come un "servizio", come una "scommessa" - se non proprio come una "sfida" - nei confronti di un sapere - quello filosofico - la cui vocazione di ricerca non dovrebbe conoscere limiti di età e di istruzione né divenire patrimonio solo di una piccola élite culturale di tecnici e di specialisti. Nella convinzione della necessità di una "formazione permanente" transgenerazionale e sulla linea indicata si colloca l’esperienza decennale di docemza di filosofia presso una delle università della terza età lombarde che gode di maggiore credito e riconoscibilità per originalità di impostazione: quella dell’Università del Melo di Gallarate. Sorta negli anni ‘80 all’interno di un vasto progetto di innalzamento della qualità della vita degli anziani nella realtà territoriale originaria, essa assolve il compito di promuovere le potenzialità culturali dell’anziano secondo una rigorosa metodologia geragogica: questo presuppone una specifica didattica orientata all’anziano, consapevole delle aspettative, delle tensioni e delle problematiche inerenti la terza età in un contesto sociale che tende all’ esclusione dell’anziano oltre che dal ciclo produttivo anche dall’ identità culturale e affettiva d’appartenenza.

Alla luce di queste considerazioni il progetto ha si è differenziato notevolmente dai moduli didattici legati a un’accezione scolastica e nozionistica di cultura, soprattutto in vista dell’obiettivo primario di lavorare con "anziani attivi", protagonisti anche a livello organizzativo dell’università stessa. Gli obiettivi cognitivi sui quali si è concentrata la mediazione didattica hanno così riguardato: 1) la comunicazione di informazioni relative a periodi o tematiche affrontate: la grande curiosità intellettuale dell’anziano lo vede ancora proiettato verso il novum, ma nella convinzione dell’insuperabilità dei classici. Per questo, è stato opportuno operare un solido richiamo alle posizioni filosofiche più rilevanti del pensiero occidentale anche quando si è decide di dare voce a correnti contemporanee: l’esigenza di ordine e di organicità è molto elevato in scolaresche anziane, che tendono anche a volere un quadro complessivo e completo di informazione sul piano dello sviluppo storico. Inoltre, le tematiche da proporre hanno tenuto conto delle predilezione di argomenti di valenza esistenziale o comunque non di rilevanza logico-gnoseologica (salvo rari casi): in tal senso, è evidente la preferenza per autori come Platone, Agostino e Pascal piuttosto che per Aristotele, Tommaso e Leibniz (questo fra gli esempi oggetto di esperienza sul campo), così pure come di problematiche quali il rapporto fede/ragione, le frontiere delle morale e della bioetica, esperienza fisica e apertura alla trascendenza e così via piuttosto di quelle inerenti ad aspetti puramente logico-epistemologici; 2) la comunicazione di tagli interpretativi nuovi e il confronto con quelli acquisiti dall’utenza ai tempi della propria scolarità. Tale obiettivo assolve implicitamente anche a quello di inserire l’anziano nella dimensione culturale in fieri. Si è voluto tuttavia essere alquanto cauti nella proposta, che non sempre riesce ad essere accolta favorevolmente se tale da scardinare troppo radicalmente convinzioni consolidate: a questo proposito, per esemplificare, il pensiero debole e la cultura post-moderna è risultata di non facile approccio all’anziano, che legge la teoria dell’interpretazione come l’impossibilità di un acceso alla verità definitiva che gli appare irrinunciabile; così, non è risultato semplice proporre riflessioni morali aperte ad una visione pluralistica delle possibilità senza che venisse recepito un messaggio di tipo relativistico, del tutto soggettivista e pertanto rifiutato dall’utenza. Queste considerazioni devono dunque sempre guidare con cautela le scelte didattiche nello specifico taglio metodologico. 3) la comprensione delle ideologie sottese alle correnti in una lettura dinamica della storia della società occidentale: tutto questo nell’ ottica di fornire organicità di sviluppo alle nozioni proposte. Sul piano del "saper fare", gli studenti anziani hanno imparato a: 1) definire concetti e costruire reti concettuali organiche e significative all’interno dei sistemi affrontati; 2) operare confronti tematici infrasistemici sotto la guida del docente e con attenzione alla cronologia; 3) costruire una riflessione di tipo critico alla luce delle sollecitazioni del docente, in modo da provarsi nella autonomia dell’analisi personale.

A livello formativo, sono stati prioritari i seguenti obiettivi: 1) l’ attivazione di una realtà dialogica e di uno spazio relazionale aperto al contributo di tutti: l’anziano ha bisogno di esprimersi, di esporsi e di confutare le posizioni altrui. Si tratta di fornire strumenti argomentativi e fondativi; 2) la valorizzazione del vissuto storico e culturale di ciascuno; 3) la fondazione di una capacità di ascolto tollerante e di autocritica che passi attraverso lo scardinamento progressivo di pregiudizi e di rigidità interpretative; 4) l’ attivazione di interessi personali, coltivabili sotto la guida e le indicazione del docente. Quest’ultimo obiettivo è andato incontro a due difficoltà oggettive: da una parte non esistono, infatti, manuali adatti a una scolaresca del tipo indicato, e ciò ha comportato la creazione di schede di materiale idoneo, costituite da una premessa a punti che riassume il contenuto della lezione e da una scelta ragionata di materiali di lettura da utilizzare anche autonomamente. La selezione di questi ultimi è risultata molto delicata perchè nel contempo non doveva frustrare gli studenti meno forniti di preparazione ma anche soddisfare il bisogno di perfezionamento di altri. Il secondo ostacolo è invece risultato l’uso del linguaggio specifico: quest’ultimo è stato infatti costruito a posteriori, "nominando" concetti e posizioni teoretiche solo dopo averne colto i contenuti fondamentali. L’aspetto comunicativo poi - vivace e semplice, stimolante e non logocentrico - è stato determinante: ciò che conta non è solo "quello", ma "come" lo si dice, riuscendo cioè a mediare contenuti molto complessi con una chiarezza ed un’intelligibilità che non vada per nulla a scapito del livello della proposta stessa.

Semplificare, essenzializzare non significa comunque mai "banalizzare", e questo è prioritario per soddisfare all’aspettativa rilevante di una scolaresca adulta, e nella fattispecie anziana, connessa alla possibilità di riconoscersi in uno ambito di riflessione e di pensiero entro il quale proporre problemi, cercare soluzioni e risposte, valorizzando il retroterra esperienziale oltre che il quadro organico di conoscenze individuali. Pertanto, il patrimonio del vissuto dell’anziano non è stato accantonato o sottovalutato all’interno del progetto, ma ne è anzi divenuto il punto di partenza dell’ elaborazione dei curricoli. La forza di questi ultimi è stata proprio nella scelta di temi in grado di coinvolgere direttamente le tensioni esistenziali, le "domande" di senso che emergono, talora anche drammaticamente e confusamente, dalla riflessione spesso solitaria di chi sente davanti a sé soglie definitive e scelte ineludibili. Questa banale osservazione ha così comportato una scelta metodologica di base: il docente è diventato prima di tutto colui che "rileva" le istanze emergenti dal gruppo, le "ascolta" e si pone come testimone ed "ostetrico" delle tensioni morali e cognitive dell’utenza: oggi la senectus ha perso il connotato "contemplativo" attribuitagli da Agostino nelle Confessioni e, soprattutto alle soglie di un nuovo millennio, incertezze e interrogativi turbano e inquietano le coscienze sconvolgendo spesso sistemi di riferimento consolidati nel corso di una vita. La crisi delle Weltangschauungen alla luce dei tempi che cambiano ha implicato pertanto un’ulteriore cautela nell’approccio didattico alla popolazione anziana: l’approccio maieutico alle tematiche filosofiche ha infatti avuto come finalità implicita la rassicurazione e nel contempo la guida dei pensieri verso una verifica interna e un confronto esterno. Si è trattato cioè di fare emergere le convinzioni personali portandole alla luce di una consapevolezza razionale, in grado di giustificarle, vagliarle criticamente, elaborare alternative, così da avviare una progressivo abbandono di una posizione dogmatica, spesso cristallizzata, personalistica, e del tutto opinabile.

Da un punto di vista formativo, tale approccio è risultato di grande efficacia perché ha portato al costante allenamento della mente, alla costruzione di un rigore logico-argomentativo che ha messo l’anziano nelle condizioni di porsi in ascolto dei tempi e interagire con essi. L’intolleranza rispetto al cambiamento in atto nei ritmi e nelle forme della comunicazione culturale viene apertamente ridotta nel momento in cui il metodo del confronto critico diviene lo stile dominante della conduzione del lavoro con il gruppo di studenti anziani, assolvendo così ad un altro fondamentale obiettivo formativo.

Un ulteriore problema è consistito nell’ideazione di strategie atte a portare i discenti verso un approccio dinamico e partecipativo dell’ esperienza culturale loro proposta, non tanto per riprodurre in nuce la dimensione "scolastica" degli ordinari curricoli "liceali" - dove, soprattutto in triennio, esiste la possibilità di impostare la didattica in termini di sincronia interdisciplinare - ma soprattutto per rendere le lezioni sempre meno "conferenze" slegate ed atomiche e, quindi, sempre più "lezioni" in continuità curricolare. Per fare del gruppo una "classe" cooperante al dialogo educativo, è stato possibile stimolare il lavoro individuale o di gruppo con facili esercizi, i cui risultati sono stati soprattutto condivisibili: dalla sintesi della lezione precedente - che diviene servizio prezioso per gli assenti o per chi non ritiene facilmente i contenuti nel tempo - alla formulazione di domande di chiarimento o di riflessioni personali - che possono confluire in un "foglio" informativo, una sorta di "giornalino" della struttura universitaria - sino a esperienze di trascrizione o di attualizzazione di temi, opere o dialoghi. In questa direzione, ha avuto grande successo l’analisi del Critone di Platone, alla luce della riflessione sul rapporto legge-giustizia e bene-giusto, che ha portato alla riscrittura attualizzata del dialogo stesso nell’osservanza dello stile maieutico dell’opera, degli espedienti argomentativi dell’autore, il tutto trasposto in uno spazio e in un tempo "altro", inerendo ad una situazione diversa ma connotata dalla stessa problematica dell’opera platonica. Anche la drammatizzazione di piccoli testi elaborati dagli studenti sulle proposte emerse è divenuta un’occasione davvero unica di "cultura agita" oltre che di esperienza molto aggregante.

Difficile rimane ancora oggi la strutturazione di momenti di verifica del lavoro svolto e dei ritmi di apprendimento: questo genera infatti ansia e deteriora il rapporto con la disciplina, senza contare la presenza di un’utenza molto numerosa. Si tratta di evitare tanto la predominanza di chi - per spiccata personalità o maggiore formazione - tende a imporre punti di vista e voci in capitolo, quanto lo slittamento delle discussioni su piani di astrattezza che fanno perdere l’ interesse della maggioranza. Molto coinvolgente è risultato invece l’accostamento di strumenti di comunicazione verbali a quelli visivi: l’uso delle videoregistrazioni - a piccole dosi, su brani selezionati e imediatamente inerenti al discorso, come è avvenuto per il "Socrate", "Agostino di Ippona", "Pascal" di R. Rossellini o "Galileo" di L. Cavani, "Giordano Bruno" di G. Montaldo o brani della Enciclopedia multimediale di filosofia - rendono più vive le spiegazione e sostengono i concetti proposti con la creazione o il perfezionamento di un immaginario collettivo che sorregge la memoria.

La didattica della filosofia per l’anziano è territorio ancora poco esplorato e per lo più esito di una riflessione aposterioristica sulle esperienze in atto, ma certo è che operare in questo settore porta ad una crescita di consapevolezza circa la funzione permanente della filosofia come di crescita del patrimonio di consapevolezza vitale dell’esistenza, divenendo progetto di partecipazione alla vita aperto e accessibile a ognuno, secondo i tempi e i modi flessibili della variabilità umana e non del mito accademico.

 

 

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