[Comparazione]

Ricerca-azione e pratiche filosofiche

La ricerca-azione non ha alcunché in comune con la totalità delle pratiche filosofiche esistenti. Presenta caratteristiche che la rendono molto simile all'indagine scientifica, più che a quella filosofica. Lewin ha più volte insistito su questo aspetto della sua procedura teorico-operativa. Rivendicava per essa il medesimo valore che si attribuisce alla ricerca scientifica di base (quella naturalistica o statistico-inferenziale, fatta di osservazioni dirette, rilevazioni sul campo, descrizioni, ecc.). Ciò può essere garantito, egli sosteneva, dallo stretto collegamento che la R-A dovrebbe costantemente mantenere con l'indagine psico-sociale, tesa alla scoperta delle leggi che presiedono alla relazione interpersonale e, più in generale, alla vita sociale.
Non v'è alcunché di "filosofico" in tutto ciò, se non qualche accenno di dialogo in alcuni momenti dei diversi cicli processuali (ad es., nella cosiddetta "triangolazione"). Gli argomenti di cui si discorre, tuttavia, nulla hanno a che vedere con metodi, temi e contenuti della tradizione filosofica. Questo è chiaro.

Ciò nondimeno v'è chi sostiene che vi sia una qualche appartenenza, o affinità della ricerca-azione rispetto alla pratica filosofica e viceversa. [Vedi in queste pagine la rubrica Adversos Philosophastros, § E1.2.3 (b)] La tesi non si può giustificare se non in due modi: o non si conosce bene l'argomento oppure ci si riferisce, in realtà, a casi di ricerca-azione completamente snaturati e, soprattutto, privati dei principali strumenti di ricognizione e controllo del metodo [cfr. Approfondimento R-A], il quale, senza più rilevazioni dirette, analisi di dati e informazioni, interpretazioni, ipotesi di risoluzione, controllo empirico, ecc., diviene un mero parlarsi addosso del gruppo di studio. Questa non è ricerca-azione e, a dirla tutta, in realtà non è neanche filosofia!

 


 

A. Volpone © Sezione Pratiche Filosofiche di www.FILOSOfare.org - Luglio 2005          [ Pagina di 1 di 1]