Nuova pagina 1

LA MULA ARISTOTELICA

di Eduardo Lupia

Ha nevicato, ha nevicato molto e intorno tutto è bianco, il vento taglia l’aria scuotendo i rami in turbini. Iridescenti riflessi di sole sulle cose sommerse.
Il giovane Crato e il suo maestro Aristotele camminavano già da un pezzo, in silenzio. Il giovane era tutto un fremito, stavano trasportando bisacce, lavoro fiacco, lento, un lavoro che ti lascia il tempo di pensare, anche al freddo.
D’un tratto percorrendo un ponticciolo Crato sbotta:
-Il fiume scorre lo stesso.
-Perché?
-Come sarebbe a dire “perché”… perché sì! Non vedete maestro?
-Vedo, ma perché “lo stesso”? il fiume scorre e basta.
-Allora dirò che il fiume scorre nonostante la neve abbia posto immobilità a tutte le cose.
-Quindi dirai che anche noi scorriamo lo stesso!
-In che senso… noi…
-Noi siamo come il fiume. Pensa, cosa succederebbe se noi ci fermassimo?
-Ma se il fiume non scorresse avrebbe perso la sua essenza, avrebbe annullato il suo essere, si sarebbe perso, sarebbe null’altro che acqua immobile.
-Sarebbe lago allora? E se il lago prendesse a scorrere?
-Le cose hanno un nome proprio per questo, se tutta l’acqua fosse lago non potremmo differenziare la pozzanghera dal mare, non si può essere altro dal proprio nome.
-E se tu ti fermassi cosa succederebbe?
-Niente resterei io.
-Ma il tuo compito ora è portare le bisacce in tempo, l’acqua serve giù al villaggio, allora se ti fermassi esuleresti dal tuo compito, come il fiume se si fermasse esulerebbe dal suo.
-Allora avrei fallito.
-Quindi non saresti più Crato? E cosa allora?
-Mi confondete maestro, volete ingannarmi.
-No, se il fiume si fermasse sarebbe lago, ma in fondo il fiume è acqua, non può essere altro, così come se tu ti fermassi resteresti pur sempre Crato, certo qualcuno ti ammonirebbe per non aver portato l’acqua, ma saresti sempre Crato.
-Allora i nomi non hanno senso, io sono sempre un uomo, così io e un pazzo saremmo gli stessi?
-Perché, che manca al pazzo, perché non dovrebbe esser uomo?
-…nulla maestro. Ma allora perché diamo i nomi alle cose?
-Perché ci piace illuderci di aver in mano il potere di capire tutto, allora cerchiamo di rinchiudere tutto nella gabbia dei nomi, ma le cose vanno ben oltre il nome, che per quanto utile resta sempre e solo un nome, così come vanno oltre all’aggettivo, che e solo un’altra prigione.
-Non capisco maestro cosa volete dire?
-Guarda il villaggio, li vedi i tetti Crato?
-Che c’entrano i tetti ora…
-Mi viene in mente una storia che dice: “quando i tetti sono bianchi sono bianchi, quando sono neri sono neri”, vedi Crato le domande sono tante, e tanta è la voglia di possedere ogni risposta, e mi viene in mente una ragazza che per essere qualcuno fece di tutto, s’abbassò alla più infima delle azioni pur d’ottenere un nome o un aggettivo, un titolo che facesse veder a tutti che esisteva, ma c’è bisogno? Io non lo so, mi basta guardar la mia mula e pensare, se io non la chiamassi mula lei se ne risentirebbe?