Perché Tipper non è pelato?!

di Berrie Heesen

 

 

Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin

Il campanello della porta suona.

Lo Zio va verso la porta. Conosce chi sta suonando e non ha molta fretta. Alla porta c’è Tipper. Il padre di Tipper aveva già telefonato per chiedere se Tipper potesse fargli visita. Tipper era stato portato a casa dello Zio da suo padre, ma Tipper non voleva che entrasse con lui, anche se il padre conosceva lo Zio da tanto tempo prima e molto meglio di Tipper. Tipper voleva far visita allo Zio e non voleva che ci fosse anche suo padre. Il padre di Tipper era andato via subito dopo che la porta si era chiusa.

“Ah, sei tu Tipper. Sono contento di vederti di nuovo” – dice lo Zio.

Tipper sorride. Lo Zio ha di nuovo una leggera peluria sulla testa e non è completamente pelato, come l’ultima volta che Tipper l’aveva visto.

Lo Zio borbotta – “Peccato che non posso farti entrare!”.

Tipper resta sorpreso. Forse che lo Zio si sia preso una malattia contagiosa come l’influenza o l’AIDS?!

“Solo chi è senza capelli può entrare in casa mia!”.

Le parole dello Zio Berrie non vanno prese alla leggera. E il tono è terribilmente minaccioso.

Tipper resta sgomento. Davvero non gli è permesso di entrare?! Ora lo Zio fa entrare soltanto persone pelate, oppure quelle pronte a unirsi allo Zio radendosi i capelli prima di entrare? Tipper non vuole certamente radersi i capelli, perché Aiwa glieli accarezza ogni tanto e gli dice che ha proprio dei bei riccioli. Tipper però vuole entrare. Cosa può mai fare? I cassetti!

“Zio, io non sono ancora diventato grande. I bambini non sono pelati, nella mia scuola nessuno è pelato. Non posso farmi già tagliare i capelli”.

Lo Zio Berrie guarda Tipper, accarezzandolo sulla testa.

“Nessun problema ragazzo mio, se non vuoi entrare non devi farlo. È stata una tua idea venire qui, non te lo ho chiesto io. Tuo padre ha un cellulare, posso telefonare e dirgli di tornare a prenderti”.

Lo Zio sembra molto serio. Tipper non lo capisce affatto. Perché lo Zio all’improvviso fa così il difficile? Sì, è vero che lo Zio è ammalato e i dottori hanno anche rovistato nel suo cervello. Ma pensava che ora riuscisse a ragionare normalmente. Siamo sicuri che riesca a farlo? Forse con chi è pelato come lui ragiona meglio?! Nessuna donna potrà mai più entrare nella sua casa, pensa Tipper. Una lacrima scende dal suo occhio sinistro. Tipper aveva tanto desiderato far visita allo Zio. Ma il modo in cui ora gli stava parlando era del tutto diverso da quello in cui si parla di solito con le persone. Lo Zio si è scordato di tutto quanto e ora non vuole più vedere nessuno? Lo Zio sta già morendo un pochino?!

Tipper non voleva che le cose andassero così. Forse avrebbe fatto meglio ad uscire con i suoi due amici, che sono andati alla spiaggia a nuotare. Aveva preferito rinunciarvi, organizzando la sua visita allo Zio, ma ora non gli era permesso entrare. Oh, che stupido!

Lo Zio scoppia a ridere – “Scherzo!”.

Tipper e lo Zio ridono un po’. Avrebbe dovuto capirlo prima! Tipper sa molto bene che a suo Zio piace fare scherzi. “Ti si addice bene, nonostante tutto, Tipper, una testa pelata” – dice lo Zio. “Alle ragazze spesso piace darci dei colpetti sopra, so tutto su questo adesso, così potrebbe essere una buona idea essere pelato. Entriamo in casa ragazzo”.

Vanno verso giardino, è una bellissima giornata, il sole splende da settimane e anche oggi è molto caldo. Arrivano in giardino, dove c’è una bella enorme caraffa di limonata sul tavolo. “Non sei ancora tornato a scuola Tipper? È una cosa bruttissima che ci voglia tanto tempo prima che si possa tornare di nuovo a scuola. Lo sai che le vacanze estive in Olanda sono più brevi di quelle di ogni altra nazione intorno a noi? Deve essere veramente terribile! Un mondo raccapricciante!!”.

“Questo è un gioco di parole – pensa Tipper – perché lo Zio sa molto bene che i ragazzi oggi dicono terribile o raccapricciante per dire che una cosa è buona”. Più terribile è la musica e meglio è. Più raccapricciante è il nuovo film sulla seconda Guerra Mondiale e meglio è. Tipper sa molto bene che purtroppo le cose vanno così. Rastatje infatti, la figlia dello Zio, dice sempre che tutto è terribile!

 

“Bintje è in casa?” – chiede Tipper allo Zio.

Bintje è il figlio dello Zio, che ha quasi la stessa età di Tipper. A entrambi piace giocare, preferibilmente giochi belli e difficili allo stesso tempo. Lo Zio ne possiede tanti. Giochi di concentrazione, di solito di guerra, oppure qualcosa che ha a che fare i soldi e l’economia.

“No Tipper, Bintje non è qui – dice lo Zio – è nell’altra casa. Ma io pensavo che tu volessi vedere me. Se sei venuto per vedere lui, allora sei venuto nel posto sbagliato. E quindi non c’è bisogno di farti radere i capelli. Sai… sta per arrivare il barbiere!”. Ancora una volta lo Zio sembra piuttosto minaccioso.

“Spero che anche il barbiere sia pelato, Zio, altrimenti è sicuro che farà un pasticcio sulla mia testa”. Tipper questa volta non si fa ingannare dallo scherzo dello Zio.

 

“Volevo chiederti qualcosa, Zio. Che ha detto Bintje quando glielo hai detto?” Lo Zio guarda in alto, pensoso. Poi dice – “Bevi prima la tua limonata. È una storia strana. Vuoi veramente che te la racconti?”. Tipper dice di sì con la testa. Si è aggrovigliato i pensieri per questa cosa da tre giorni. Che farebbe lui se suo padre gli raccontasse qualcosa del genere? Non aveva telefonato a Bintje perché suo padre gli aveva detto di chiedere prima allo Zio. Questo è il motivo per cui Tipper era andato a trovare lo Zio quel pomeriggio. La Zio era d’accordo. Allo Zio piace che le persone – inclusi i bambini – abbiano le idee chiare su ciò che vogliono sapere. Avere una risposta, invece, è un’altra cosa. Questo dipende dalla domanda che si fa.

Lo Zio inizia a parlare. “Te la racconterò questa storia, ecco com’è andata”.

 

Ero appena tornato dall’ospedale, i ragazzi erano venuti a prendermi, portando un amico che aveva un berretto. Non sapevo ancora niente. Era un tumore. E questo era tutto. Benigno o maligno che fosse, ne avremmo comunque parlato in seguito. C’è sempre tempo per preoccuparsi. Qualche giorno dopo i ragazzi sono andati in vacanza. (Come sai, loro non vivono a casa mia.) Era una vacanza su un’isola bellissima del Mediterraneo, che avevamo progettato insieme, ma per me non era più possibile andarci, perché ero appena uscito dall’ospedale e per qualche tempo non potevo muovermi. Non mi era stato ancora detto di preciso che cosa fosse accaduto alla mia testa. Al momento pensavo che il problema fosse stato eliminato. Pian piano cominciavo anche a sentirmi meglio. Tre giorni dopo però sono arrivati i risultati e ho saputo che tipo di tumore avevo. C’erano volute cinque ore per rimuoverlo. Eh sì, un tumore. I ragazzi quindi non c’erano quando l’ho saputo. C’era Pukkie con me. Il medico disse subito che non avevo alcuna speranza. Il sipario era calato. Beh, quasi calato. Nessuna medicina. E se al medico avessi chiesto della mia salute anche il giorno dopo, mi avrebbe detto la stessa cosa. Anche i suoi colleghi mi avrebbero detto la stessa cosa, e così pure se fossi andato in Belgio. Anche in Belgio i medici mi avrebbero detto la stessa cosa. Ecco com’è andata, Tipper. I ragazzi quindi erano via, mentre io ero qua con la mia vita messa sottosopra.

È molto difficile Tipper, molto difficile.

Pensavo a loro ogni giorno e… ops, qualche lacrima scendeva giù dai miei occhi. Ovviamente non ho detto niente per telefono. Questo non è il genere di cose che puoi dire agli altri per telefono. D’altra parte non è che ci sentissimo spesso, perché loro andavano di solito in barca intorno all’isola. Faceva tanto caldo. Sono tornati a casa dopo circa dieci giorni. Per dieci giorni questo fu tutto quanto la mia testa potesse pensare: dovevo dirglielo! Arrivarono a Schipol, ma non andai a prenderli. Non era quello il luogo, ho pensato. Arrivarono di notte e il giorno dopo vennero qui a casa.

Avevano trascorso una bellissima vacanza ed erano rossi come peperoni. Anche Rastatje lo era, sebbene lei abbia bisogno di stare molto attenta a non esporsi troppo al sole. Io ero in piedi in salotto.

“Come stai?” – lei mi ha chiesto.

Ho risposto – “Lo vuoi davvero sapere?!”.

“Sì”.

BOOM.

 

“A Berrie non è concesso vivere a lungo”.

Ti dirò Tipper, l’avevo pensato in anticipo. Cosa devo dire? Non lo sapevo, non volevo saperlo, non volevo più pensare. “Sarà tutto molto naturale, troverò le parole!” – mi dicevo. Certo non è una cosa come tutte le altre. È diversa. E non m’era mai venuto in mente di pensare a qualcosa del genere. Piangevo ogni volta che pensavo ai miei ragazzi. Tutto ciò che sapevo era che sarebbe stato necessario esprimersi in modo giusto, come quando l’avevano detto a me. Non c’era altro modo.

Puoi immaginare com’è andata: abbiamo pianto tutti. In quel momento avremmo potuto rattristare chiunque ci fosse stato vicino. Lo Zio Berrie avrebbe preferito essere allegro anziché triste e noioso, ma proprio non potevo fare altrimenti. Tu invece già sapevi tutto, e tuo padre mi aveva assicurato che non avresti detto niente a Bintje. Ero d’accordo con tuo padre. Ora puoi capire perché: c’era una sola persona che avrebbe dovuto dirglielo. Abbiamo pianto tanto, così tanto che non mi ha neppure sfiorato l’idea di accendermi un sigaro.

In mezzora ho raccontato loro l’intera storia: quello che mi avevano detto in ospedale, quello che avevo visto e pensato, quello che avevo scritto tre giorni dopo. Suppongo che non debba dirti più niente Tipper, visto che sei uno specialista di cassetti.

Tipper fa cenno di sì con la testa, inghiotte a vuoto e singhiozza un po’.

Gliene ho parlato e subito Rastatje mi ha detto – “Leggi il racconto pure a noi!”.

Raramente ho letto loro le mie storie e la richiesta mi ha sorpreso. La cosa mi ha stupito anche perché non c’era niente nel racconto che non gli avessi già detto. Sarebbe stata la seconda volta. E ciò che viene scritto su carta spesso fa più male di quello che si dice a voce. Quando si dice qualcosa a voce, uno può sempre pensare di aver capito male. Quando si scrive invece è diverso. Puoi leggere e rileggere quello che è stato scritto, e non è possibile cambiare le parole come più ti piace. Sarebbe come prendersi in giro e sono cose che in genere non si fanno.

 

“Così sono andate le cose, caro Tipper. Era questo che volevi sapere?”.

Tipper non sa di preciso cosa vuole sapere, o come reagirebbe se a suo padre capitasse la stessa cosa che stava accadendo allo Zio. Meglio un divorzio! Anche questa sarebbe una cattiva notizia, ma potrebbe comunque continuare a vedere il padre.

“E che cosa ha detto Bintje?” – chiede Tipper.

Bintje ha detto… (Eh sì, questo lo ricordo bene.) Ha detto – “Ogni giorno dei sei mesi circa che restano deve essere un bellissimo giorno per te. E farò di tutto affinché siano tutti dei giorni splendidi. Voglio che tu sorrida almeno una volta al giorno”. Poi abbiamo riso. Abbiamo riso a lungo insieme. Comunque prova a chiedere a lui perché, io non lo ricordo più.

Bintje è poi rimasto con me quella notte. S’era fatto tardi ed eravamo entrambi molto stanchi. L’ultima cosa che mi ha detto è stata – “Tu sei sempre di buonumore. Farai come quell’ammalato di tumore che è vissuto per altri otto anni. Con un buonumore come il tuo forse riuscirai ad arrivare addirittura fino a dieci”.

Lo sai Tipper che a noi piace giocare insieme a videogames di guerra. Il buonumore delle truppe è sempre stato importante per vincere le battaglie. In molte battaglie il buonumore è stato determinante. Bisogna sempre credere di poter vincere, di potercela fare. Pensavo fosse una buona idea. Dieci anni mi andavano bene. Ma pensavo: cosa posso mai fare? Non ne avevo alcuna idea Tipper. Cosa potevo fare io?! Il 6 luglio me ne stavo a lavorare tranquillamente a Dordrecht, non m’ero accorto di niente. Per me fu una vera e propria sorpresa, caro Tipper. Un attacco del tutto inaspettato. Un duro attacco, come quello di Pearl Harbour, e altrettanto astuto. Nessun preavviso, nessun segno. Un attacco sferrato nel punto più debole, cioè giusto nell’area del linguaggio, nella parte sinistra del mio cervello. Mi pare che sia un’area di tutto rispetto, molto importante. Il nemico l’ha attaccata pesantemente e astutamente. Non so se il buonumore possa servire a qualcosa contro un nemico così forte.

Di certo, gli americani hanno vinto contro i giapponesi. Hai visto il film Pearl Harbour, vero Tipper?! Io l’ho visto con i miei ragazzi. Splendido film. Nella storia ci sono quasi tutte le cose più importanti della vita. Forse proprio per questo gli americani hanno bombardato il Giappone.

Tipper resta in silenzio. Vorrebbe dire qualcosa, ma le parole che gli vengono in mente restano tutte attaccate alla sua lingua. Non vogliono uscire. Tipper vuole andar via. Questo può sembrar poco, ma è anche tanto.

Lo Zio telefona allora al papà di Tipper, che aspettava fuori e che oggi aveva deciso di non entrare. Tipper si avvia verso la porta, ma prima vuole dare ancora un’occhiata alla testa dello Zio.

“Zio, immagina che io sia una bella ragazza!” – dice Tipper mentre accarezza con le dita la soffice peluria sulla testa dello Zio.

Lo Zio sorride.

“Ciao testa pelata!”.

Tipper entra in macchina e va via con suo padre.

Lo Zio resta in giardino e si accende un sigaro cubano.

 

 

28 agosto 2001

Continua…  (Salute permettendo!)

 

 

 

 

Traduzione inglese di Suzanne Greene.

Traduzione italiana di Alessandro Volpone.